
Tutti i lavori hanno pari dignità. Ho sempre pensato che ci sia qualcosa di nobile e poetico nello svegliarsi la mattina e procurarsi il pane per la propria famiglia, qualunque sia l’attività, purché onesta. E mai avrei pensato di poter ridere di un qualunque lavoro. Poi ho conosciuto la storia di Marco Marchi. Ovviamente è un nome inventato, ma la storia del suo lavoro è incredibilmente vera. Marco Marchi è un architetto in forza ai Musei Vaticani, e per le strane coincidenze della vita e della Storia, il buon Marco passerà alcuni mesi (se non anni) impegnato in un compito davvero singolare.
Andiamo con ordine. Questa storia ha origine nella Storia, e precisamente in quel periodo nella seconda metà del ‘500, quando in seguito al furore controriformista scaturito dal Concilio di Trento, Santa Madre Chiesa introdusse la censura nell’arte religiosa. Daniele da Volterra fu chiamato a coprire con drappi e “pietosi veli” le nudità del Giudizio Universale di Michelangelo, e si guadagnò il suo posticino nella Storia dell’arte, assurgendo a gloria immortale col suo epiteto di “Braghettone”. Altri, meno fortunati e famosi, furono invece chiamati a conformare ai nuovi rigidi canoni estetici le migliaia di statue custodite nei Musei Vaticani, e così muniti di martello e scalpello presero a rimuovere chirurgicamente gli attributi maschili delle sculture, coprendo il tutto con una pudica foglia di fico, realizzata in gesso. Il Curatore dei musei di allora però fu lungimirante. Ben sapeva che il senso della morale e del pudore variano col progredire della Storia, e intuì che prima o poi la censura sarebbe venuta meno, le foglie di fico sarebbero cadute e ogni personaggio maschile avrebbe potuto finalmente ricomporsi col suo amato membro. Così dispose di non buttare via nulla, e di conservare cotanta bellezza in attesa di tempi migliori: il materiale asportato venne ammonticchiato in grandi cassoni, in un tripudio di scroti e peni di lucido marmo che hanno passato i successivi cinquecento anni a prendere polvere, in attesa di potersi ricongiungere ai loro legittimi proprietari.
Ora quel momento pare finalmente attivato, e l’onda lunga dell’apertura mentale della chiesa di Bergoglio sembra aver travolto anche la censura nell’arte religiosa, facendo cadere l’anacronistico diktat sul nudo; qualcuno ai Musei si è ricordato di quegli scatoloni, e delle migliaia di membri maschili smaniosi di tornare al loro posto, e il Curatore ha affidato ad un giovane brillante Architetto il nobile compito di spolverare, catalogare individuare ed infine riattaccare ogni ramo al suo tronco. Me lo immagino pieno di fervore per l’incarico affidatogli, mentre cerca di capire se quel volto barbuto e severo possa davvero adattarsi a quel pistolino rugoso, o se quel sacchettino scrotale sia davvero da abbinarsi a quel corpo nerboruto. La tonalità del marmo di quel fallo si adatta a quella di questo prode guerriero? E quel sontuoso batacchio non sarà mica di quel ragazzino glabro? Me lo immagino che palpa e soppesa, e mi par di vedere la sua espressione mentre, esitante, ruota tra le mani delle robuste verghe, tentando di immaginarne l’originario, orgoglioso possessore. Non ho mai schernito nessun lavoro, ma quando penso a lui -è più forte di me- rido sola sola.
Andiamo con ordine. Questa storia ha origine nella Storia, e precisamente in quel periodo nella seconda metà del ‘500, quando in seguito al furore controriformista scaturito dal Concilio di Trento, Santa Madre Chiesa introdusse la censura nell’arte religiosa. Daniele da Volterra fu chiamato a coprire con drappi e “pietosi veli” le nudità del Giudizio Universale di Michelangelo, e si guadagnò il suo posticino nella Storia dell’arte, assurgendo a gloria immortale col suo epiteto di “Braghettone”. Altri, meno fortunati e famosi, furono invece chiamati a conformare ai nuovi rigidi canoni estetici le migliaia di statue custodite nei Musei Vaticani, e così muniti di martello e scalpello presero a rimuovere chirurgicamente gli attributi maschili delle sculture, coprendo il tutto con una pudica foglia di fico, realizzata in gesso. Il Curatore dei musei di allora però fu lungimirante. Ben sapeva che il senso della morale e del pudore variano col progredire della Storia, e intuì che prima o poi la censura sarebbe venuta meno, le foglie di fico sarebbero cadute e ogni personaggio maschile avrebbe potuto finalmente ricomporsi col suo amato membro. Così dispose di non buttare via nulla, e di conservare cotanta bellezza in attesa di tempi migliori: il materiale asportato venne ammonticchiato in grandi cassoni, in un tripudio di scroti e peni di lucido marmo che hanno passato i successivi cinquecento anni a prendere polvere, in attesa di potersi ricongiungere ai loro legittimi proprietari.
Ora quel momento pare finalmente attivato, e l’onda lunga dell’apertura mentale della chiesa di Bergoglio sembra aver travolto anche la censura nell’arte religiosa, facendo cadere l’anacronistico diktat sul nudo; qualcuno ai Musei si è ricordato di quegli scatoloni, e delle migliaia di membri maschili smaniosi di tornare al loro posto, e il Curatore ha affidato ad un giovane brillante Architetto il nobile compito di spolverare, catalogare individuare ed infine riattaccare ogni ramo al suo tronco. Me lo immagino pieno di fervore per l’incarico affidatogli, mentre cerca di capire se quel volto barbuto e severo possa davvero adattarsi a quel pistolino rugoso, o se quel sacchettino scrotale sia davvero da abbinarsi a quel corpo nerboruto. La tonalità del marmo di quel fallo si adatta a quella di questo prode guerriero? E quel sontuoso batacchio non sarà mica di quel ragazzino glabro? Me lo immagino che palpa e soppesa, e mi par di vedere la sua espressione mentre, esitante, ruota tra le mani delle robuste verghe, tentando di immaginarne l’originario, orgoglioso possessore. Non ho mai schernito nessun lavoro, ma quando penso a lui -è più forte di me- rido sola sola.
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09/12/20 07:39
bellissima :) brava Amabel ;)


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09/12/20 07:56
Acchiapiselli mi fa già ridere, appena riesco leggo il lungo scritto..penso che mi piacerà


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09/12/20 08:52
Amabel, precisa e mai banale


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09/12/20 10:43
Ciao Amabel, divertente! Un buon esempio di lavoro del c.... : )


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09/12/20 12:09
Carina questa storia Amabel. Certo un lavoro vale l'altro, io però non li toccherei neanche di marmo, così per sicurezza!
A parte gli scherzi, la storia sicuramente parla della copertura, la censura delle parti intime, con i famosi braghettoni. Non so, ma perchè non l'avevo mai sentito, per il taglio delle pudenda dell'uomo (le donne non avevano nulla, neanche il segno della vagina che era considerata una vergogna comunque).
Sicuramente qualche statua non ha il pene, ma spesso manca una parte del naso, qualche dita di mani e piedi, un braccio. Credo più che altro per spostamenti o traslochi fatti senza le dovute cautele, spesso per opere trafugate e ritrovate.
Quel che è vero, rispondendo ad Orsoblu, è che, sia per i greci che per i romani, la virilità non era avere un grosso arnese, anzi al contrario, questi erano considerati animali in tutto e per tutto. Il pene piccolo ingentiliva la persona.
A parte gli scherzi, la storia sicuramente parla della copertura, la censura delle parti intime, con i famosi braghettoni. Non so, ma perchè non l'avevo mai sentito, per il taglio delle pudenda dell'uomo (le donne non avevano nulla, neanche il segno della vagina che era considerata una vergogna comunque).
Sicuramente qualche statua non ha il pene, ma spesso manca una parte del naso, qualche dita di mani e piedi, un braccio. Credo più che altro per spostamenti o traslochi fatti senza le dovute cautele, spesso per opere trafugate e ritrovate.
Quel che è vero, rispondendo ad Orsoblu, è che, sia per i greci che per i romani, la virilità non era avere un grosso arnese, anzi al contrario, questi erano considerati animali in tutto e per tutto. Il pene piccolo ingentiliva la persona.


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09/12/20 17:05
Sono piacevolmente sorpreso dalla vena artistica e dalle doti letterarie di questa ragazza. Chapeau !


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10/12/20 03:00
vero, airbed, Amabel è stata brava , ma credo che si sia limitata a riportare l'articolo da facebook ;


0 3 0
10/12/20 05:58
Amabel, grazie per un articolo divertente ed informativo. In questo periodo ci vuole un po’ cambiare gli argomenti.


0 9 0
18/12/20 12:56
Ricordo, subito dopo aver letto questo articolo oltre a ridere come non mi capitava tempo ,ho inviato alcuni wattsup ad Amabel .Ci siamo divertiti entrambi visto il tenore dell'argomento!eppure c'è una riflessione molto profonda in questo scritto:ogni lavoro al di là della dignità che apporta a chi lo esercita. Mettiamoci nei panni di coloro che sono impiegati in queste professioni:becchino,addetto alla pulizia dei cessi...il boia. Sono stato estremo con i miei esempi?bene,questo perché:qualunque sia il lavoro, il suo scopo principale è fornire profitto, quindi rendere un servigio alla società. L'unico dilemma è costituito dall'amare o meno ciò che si fa per vivere. È il vero problema del nostro tempo, non assecondare le nostre aspirazioni, purtroppo ci si deve accontentare. Infine, il nudo desta scalpore, è motivo di comportamenti volgari o lascivi?secondo me la rappresentazione degli esseri umani nelle scene bibliche che impreziosiscono le nostre chiese e i nostri musei,non sono altro che la rappresentazione della realtà.Noi siamo stati concepiti nudi e se la nudità viene vissuta senza fini maliziosi, è senz'altro la condizione +naturale possibile. Ho sempre pensato che il bel complimento da fare a una donna sia questo:il tuo corpo è così perfetto ed armonioso da poter andare in giro nuda...


09/12/20 07:13
Non si è comunque mai capito come, nell'antica Roma, i membri venissero rappresentati piccoli nella scultura e grandi nella pittura
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