Marco Marchi - Attaccapiselli - Massaggi Erotici a Roma

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Marco Marchi - Attaccapiselli

Filosofeggiamenti - 09/12/20 - Autore: amabel
Tutti i lavori hanno pari dignità. Ho sempre pensato che ci sia qualcosa di nobile e poetico nello svegliarsi la mattina e procurarsi il pane per la propria famiglia, qualunque sia l’attività, purché onesta. E mai avrei pensato di poter ridere di un qualunque lavoro. Poi ho conosciuto la storia di Marco Marchi. Ovviamente è un nome inventato, ma la storia del suo lavoro è incredibilmente vera. Marco Marchi è un architetto in forza ai Musei Vaticani, e per le strane coincidenze della vita e della Storia, il buon Marco passerà alcuni mesi (se non anni) impegnato in un compito davvero singolare.
Andiamo con ordine. Questa storia ha origine nella Storia, e precisamente in quel periodo nella seconda metà del ‘500, quando in seguito al furore controriformista scaturito dal Concilio di Trento, Santa Madre Chiesa introdusse la censura nell’arte religiosa. Daniele da Volterra fu chiamato a coprire con drappi e “pietosi veli” le nudità del Giudizio Universale di Michelangelo, e si guadagnò il suo posticino nella Storia dell’arte, assurgendo a gloria immortale col suo epiteto di “Braghettone”. Altri, meno fortunati e famosi, furono invece chiamati a conformare ai nuovi rigidi canoni estetici le migliaia di statue custodite nei Musei Vaticani, e così muniti di martello e scalpello presero a rimuovere chirurgicamente gli attributi maschili delle sculture, coprendo il tutto con una pudica foglia di fico, realizzata in gesso. Il Curatore dei musei di allora però fu lungimirante. Ben sapeva che il senso della morale e del pudore variano col progredire della Storia, e intuì che prima o poi la censura sarebbe venuta meno, le foglie di fico sarebbero cadute e ogni personaggio maschile avrebbe potuto finalmente ricomporsi col suo amato membro. Così dispose di non buttare via nulla, e di conservare cotanta bellezza in attesa di tempi migliori: il materiale asportato venne ammonticchiato in grandi cassoni, in un tripudio di scroti e peni di lucido marmo che hanno passato i successivi cinquecento anni a prendere polvere, in attesa di potersi ricongiungere ai loro legittimi proprietari.
Ora quel momento pare finalmente attivato, e l’onda lunga dell’apertura mentale della chiesa di Bergoglio sembra aver travolto anche la censura nell’arte religiosa, facendo cadere l’anacronistico diktat sul nudo; qualcuno ai Musei si è ricordato di quegli scatoloni, e delle migliaia di membri maschili smaniosi di tornare al loro posto, e il Curatore ha affidato ad un giovane brillante Architetto il nobile compito di spolverare, catalogare individuare ed infine riattaccare ogni ramo al suo tronco. Me lo immagino pieno di fervore per l’incarico affidatogli, mentre cerca di capire se quel volto barbuto e severo possa davvero adattarsi a quel pistolino rugoso, o se quel sacchettino scrotale sia davvero da abbinarsi a quel corpo nerboruto. La tonalità del marmo di quel fallo si adatta a quella di questo prode guerriero? E quel sontuoso batacchio non sarà mica di quel ragazzino glabro? Me lo immagino che palpa e soppesa, e mi par di vedere la sua espressione mentre, esitante, ruota tra le mani delle robuste verghe, tentando di immaginarne l’originario, orgoglioso possessore. Non ho mai schernito nessun lavoro, ma quando penso a lui -è più forte di me- rido sola sola.

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