8 Marzo. Auguri a tutti gli uomini - Massaggi a Milano

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8 Marzo. Auguri a tutti gli uomini

Racconti - 08/03/19 - Autore: Provoltz

La sveglia suona, noiosa, insistente. Sono già sveglio da almeno dieci minuti. E' stata lei, mentre si alzava di soppiatto a riportarmi nel mondo reale. La sento mentre traffica nel bagno, normalmente è in ritardo, oggi no.

Allora spengo lo scasso totale che mi lampeggia sul comodino e, stancamente, mi metto in piedi. Barcollando mi trascino al bagno. Lei è tutta intenta alla ricostruzione totale; decine di trucchi sparsi in ogni dove. Io la bacio sul collo, evitando i capelli bagnati e tenedomi ben lontano dal viso, già accuratamente spalmato da crème, cremine, basi. Se ci fossi andato anche solo vicino avrebbe ringhiato, nella paura che le rovinassi il capolavoro che stava facendo. “Tanti auguri, amore”.

Si, amore. Quello c'è ancora, o forse è solo abitudine e rispetto. La vedo ancora bella ma la passione e il desiderio che era, dov'è?

Di sicuro mi piacerebbe vederle nello sguardo quelle voglie che percepivo all'inizio. Poi la casa, il lavoro, i figli, i soldi. Il peso sulle nostre spalle di tutto quello che è la vita.

Ho l'asso nella manica. L'ho comprata ieri sera e sono riuscito a metterla sul balcone senza che se ne accorgesse. Prendo la scatola trasparente con la mimosa e le rose e torno in bagno. “Tanti auguri, amore!”.

Lei lascia un attimo lo spazzolino del rimmel, guarda me, guarda i fiori, guarda ancora me; lo sguardo è diverso, mi sorride, le brillano gli occhi. “Fai il caffè che sono ancora indietro”.

Appoggio i fiori sul bordo della vasca e vado in cucina. Mai non attendere un ordine, potrei sciupare il suo buonumore, con le conseguenze solite.

Mentre siamo al tavolo mi racconta che una sua amica ha organizzato la serata. Mi dice che non sa dove andranno, cosa faranno. Che è preoccupata per me che sarò a casa solo, che dovrò farmi da mangiare. “Non stare in pensiero, sopravviverò!” e accenno un bacio. Lei ovviamente sposta la guancia, preoccupata più del trucco che vogliosa di avere il mio sincero gesto d'affetto.

Oramai lo so come vanno le serate tra donne dell'otto di Marzo. Vanno in giro, fanno discorsi da carrettiere ubriaco, si sforzano di dimostrare a tutte le altre amiche che sono ancora giovani, libere. Che, sotto sotto, sono ancora quelle liceali che erano.

Ostentano comportamenti tipicamente maschili, si concedono desideri tipicamente maschili. Non per nulla gli spogliarellisti maschili in questa sera hanno il picco annuale del lavoro. Il problema è che sembrano delle caricature di uomini. Diventano come delle checche che sculettano, accentuando al massimo i movimenti delle anche nella camminata. Le donne, con un po' di tacchi, sculettano ma non così.

La giornata è andata, in ufficio le donne sono già scappate tutte. Tutte pronte a lanciarsi nella propria festa, tutte vestite come se dovessero andare a un matrimonio. Saluto i colleghi e vado giù alla pizzeria. E' ancora presto ma devo pur mangiare qualcosa, non ho nessuna voglia di tornare a casa per cucinarmi e mangiare da solo. Vedo negli occhi del cameriere la preoccupazione per quella che sarà una sera di battaglia, e lì penso, “Caromio, a ognuno il suo”.

E' questo il momento della scelta: Televisione? Musica? Cinema? Nooo, stasera sono libero, lei non mi telefonerà di sicuro, se non tra poco per avvisarmi che stanno per andare al ristorante. Lo specchio di fronte alla cassa, riflette la mia immagine. Metre pago il conto della cena, cerco di convincermi di essere ancora piacente, diciamo interessante, forse solo ben conservato. Esco e lancio un ultimo sguardo al cameriere che si affretta e rifare il tavolo dove ho desinato, pochi minuti e sarà pronto per la bagarre che presto si scatenerà.

Dunque che fare? In quell'attimo la telefonata. Lei che mi dice che sono pronte, che stanno andando al ristorante, di non preoccuparmi. La solita domanda su cosa avrei fatto io. Bofonchio un “vado a casa o forse vado al cinema; ma no, vado a casa di sicuro.”, le chiude con un “Stai tranquillo che probabilmente torno presto”. Ci credo come a un asino che vola, mai tornata prima delle due. Poco importa, quello che veramente mi interessa è che sono libero. Libero, giovane, con anche dei soldini in tasca. Magari giovane no, diciamo giovanile.

E' il momento di scegliere il mio di svago. Puttana? No, troppo veloce, troppo finto e impersonale. Non ho voglia poi di tradirla, sarà mediamente stronza però le voglio bene, non mi sembrerebbe giusto. E' vero che c'è sempre il tempo di pentirsi, poi. Però stasera no!

Magari un massaggino, è da un po' che vedo quelle luci colorate, proprio sulla strada di casa. Poi provare una volta si deve. Chissà cosa succede dietro quelle vetrine oscurate, chissà se è vero che le orientali ce l'hanno orizzontale, che più aprono le gambe e più si stringe; favole da bar.

Allora vado; curiosità, ignoto, vergogna, incertezza. Arrivo e suono, tra le mani una di quelle composizioni di mimosa con una orchidea, comprata per quattro spiccioli da un negretto nella metrò. Un minuto di attesa e mi apre una ragazza trafelata. “Adesso tutto occupato, plego tolnale dieci minuti”. Vabbè, abbiam fatto trenta; prendiamoci un caffè e fumiamoci una sigaretta.

Mentre sono al bar, tengo sott'occhio il centro massaggi. Appena vedo che uno esce mi fiondo, non voglio che mi rubino il posto. Quella posticipazione mi brucia un pochetto, possibile mai che abbiano tutto questo lavoro?

Un quarto d'ora e vedo un distinto signore che saluta e esce guardingo. Passo svelto, un'occhiata in giro per vedere se qualcuno mi vede e risuono. Un'altra ragazza mi accoglie, è carina, piccoletta e abbastanza giovane. Sul piccolo bancone una decina di mazzetti di fiori, che somigliano paurosamente a quello che ho tra le mani. Pensavo di essere l'unico a voler essere romantico; anche un paio di scatole di cioccolatini completano il set San Valentino.

Lei comunque mi sorride e appoggia i miei fiori insieme agli altri. Poi, “Massaggio?”.

Di sicuro non sono venuto a comprare della frutta. Assentisco e lei mi prende per mano e mi porta in una cabina dalle pareti colorate. Una vasca stile far west, un lettone per terra, un piccolo mobile con asciugamani e delle bottigliette, un attaccapanni a muro dall'aria incerta.

Esce e lascia che mi spogli, un minuto e ritorna. Quando son nudo mi invita alla vasca per una sciacquata veloce.

Poi mi asciuga, mi fa stendere a pancia sotto; la luce è fioca e in questa posizione non riesco a vederla. Mi domanda “Olio?”. Penso alle conseguenze e rifiuto, serebbe difficile giustificare qualche macchia sulla biancheria. Nessuna incertezza nella suo “va bene”, prende il borotalco. E me lo spruzza sulla schiena. Poi comincia.

Ha mani morbide, comincia a farmele sentire. In verità non è che avessi proprio bisogno di un massaggio ma quello che sento è piacevole e allo stesso tempo erotico. Sono lì, inaspettatamente inerme, le sue mani scorrono. Un passaggio sul fianco sinistro me lo sfiora; e lui risponde immediatamente, come non soccedeva da tempo. Sarà stato voluto? Sarà casuale?

Ancora qualche passata e risuccede. L'eccitazione diventa grande, la lucidità scema.

Si stacca un attimo e sento che sta succedendo qualcosa, mi volto e vedo che si sta spogliando. Un attimo e i piccoli seni puntuti sono sulla mia schiena. Me li passa su e giù, li sento tutti. Poi mi si avvicina al collo e mi bacia. Si struscia come una gattina in cerca di coccole e io mi sento bloccato, come se non sapessi come si fa con una donna.

Comincia ad accarezzarmi le natiche, sotto sono di marmo, come quando avevo vent'anni. Ma perché mia moglie non mi ha mai fatto queste cose.

“Gilale”, è un ordine ma comandato con una delicatezza inusuale. La vergogna per l'evidente emozione che ho in mezzo alle gambe è tanta, lei da un'occhiata veloce e sembra non farci caso.

Ora riprende il gioco del massaggio, questa volta, oltre che coi capezzoli, lo fa anche con la lingua. Quando arriva al viso mi bacia, proprio con la dolcezza di una fidanzata. Le mie mani a questo punto la stringono e lei non dice di no. Ho voglia di prenderla, di strapazzarla. Ho anche il timore di romperla, così esile, così delicata.

Lei si stacca e comincia a dedicarsi con passione a lui, che oramai è diventato una ferrea presenza. Gentile, zuccherosa, a tratti decisa, irriverente. Passa poco, ma veramente poco e la capitolazione è inevitabile. Mi pulisce e si accola vicino a me.

Ho vergogna, in tutto questo tempo non le neanche chiesto come si chiama. Lo faccio e lei risponde “Lisa”. Non credo che sia il suo vero nome, è impossibile. Però per i miei sogni va benissimo.

Il campanello risuona, per tutto il tempo del mio massaggio lo avrà fatto almeno una decina di volte. Mi rivesto, pago il dovuto e sono per la strada. Automaticamente la mano va al pacchetto delle sigarette. Due boccate, gli occhi che guardano verso il cielo della notte e mi rendo conto di sentirmi bane, anzi benissimo.

Potrei prendere la metrò qui vicino, meglio farsi una fermata a piedi, tanto per gustarmi la città, la gente. Peccato che l'otto di Marzo venga solo una volta all'anno; però, pensandoci bene, il Sabato mia moglie va a giocare a carte dalla zia insieme a mia suocera. Quasi quasi!

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